Quintiliano, Istitutiones: Liber X - 1, Versione tradotta

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CAT_IMG Posted on 29/3/2010, 10:38


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1. Ma gli insegnamenti che ho dato sull'arte dell'eloquenza, pur essendo necessari per quanto riguarda la teoria, non hanno sufficiente valore per fornire vigore oratorio se a quegli stessi insegnamenti non si aggiungerà una certa salda facilità di scrittura, che i Greci definiscono hexis [esperienza]: e so bene che di solito si discute se per ottenere questa facilità lo scrivere sia più utile del leggere o del parlare. Un simile problema richiederebbe una maggiore considerazione se noi potessimo accontentarci di uno solo di questi esercizi, uno qualsiasi;

2. ma sono tutti così collegati tra loro e difficili da separare che, se dovesse mancarne uno dei tre, i nostri sforzi negli altri due risulterebbero inutili. L'eloquenza non potrà mai essere né solida né robusta se non si saràrinvigorita attraverso un costante esercizio di scrittura; e tuttavia, privo dell'esempio della lettura, quello stesso esercizio sarà come una nave che senza il suo timoniere va alla deriva; inoltre chi, pur conoscendo sia quello che deve dire dire sia il modo in cui deve dirlo, non avrà un'eloquenza pronta al combattimento e preparata a tutte le evenienze , sarà come un uomo che sta sdraiato su un tesoro chiuso a chiave.

3. Le tre attività di cui ho parlato, pur essendo tutte senz'altro necessaie, non per questo saranno in assoluto gli unici esercizi fondamentali per la formazione di un oratore. Certamente, infatti, dal momento che il compito di un oratore consiste nell'eloquenza, il parlare viene prima di tutto, ed è chiaro che questo è stato il punto di partenza dell'arte oratoria; l'imitazione è venuta in un secondo tempo, e successivamente anche la cura nello scrivere.

4. Ma, come non è possibile giungere alla cima se non si parte dalla base, così con il procedere del nostro lavoro cominciano ormai a diventare meno importanti gli argomenti che abbiamo trattato per primi. A questo punto noi però non diciamo come deve essere formato un oratore (di questo infatti abbiamo parlato a sufficienza o, se non altro, nel modo migliore possibile): il nostro obiettivo è dire con quale tipo di esercizi deve essere preparato alle gare l'atleta che ha ormai imporato alla perfezione dal suo istruttore tutte le tecniche del combattimento. Dobbiamo quindi fara in modo che l'oratore, adesso che sa come trovare gli argomenti adatti e come disporli nel giusto ordine, adesso che ha anche capito con quale criterio deve scegliere e collocare le parole, possa mettere in pratica gli insegnamenti ricevuti all'interno di un discorso nel modo migliore e più facile possibile.

5. Chi potrebbe quindi dubitare che sia opportuno fornire all'oratore alcuni strumenti che possano essere una risorsa da sfruttare tutte le volte che ne sentirà il bisogno? Essi consistono nell'abbondanza degli argomenti e delle parole.

6. Ma gli argomenti sono caratteristici di ogni singola causa o sono comuni a poche, mentre le parole vanno preparate per ogni causa: se ci fossero parole proprie per ogni singola causa o sono comuni a poche, mentre le parole vanno preparate per ogni causa: se ci fossero parole proprie per ogni singola causa, richiederebbero minor cura: essa si presenterebbero infatti tutte insieme agli stessi argomenti. Ma dal momento che alcune parole sono più appropriate di altre, o più eleganti, o più efficaci, o più sonore, non solo bisogna conoscerle tutte, ma anche averle a portata di mano e, per così dire, sotto gli occhi, in modo che, quando si presenteranno al giudizio di chi deve parlare, sarà più facile scegliere tra queste le parole migliori.

7. Io so che alcuni hanno l'abitudine di imparare a memoria i termini che hanno lo stesso significato. In questo modo si hanno due vantaggi: per prima cosa, è più facile che capiti a portata di mano una parola tra molte altre simili; inoltre, dopo averneusata una, se poco più in là c'è bisogno di nuovo della stessa parola, se ne può utilizzare un'altra che possa voler dire la stessa cosa per evitare una ripetizione. Una simile tecnica però è non soltanto puerile e inutilmente faticosa, ma anche poco utile: l'oratore si limita infatti ad ammucchiare una moltitudine di parole dalla quale prenderà la prima che gli capita senza fare alcuna distinzione.

8.Il nostro obiettivo è quello di riuscire a procurarci un ricco bagaglio lessicale con discernimento: noi miriamo alla forza del discorso, non alla scorrevolezza del ciarlatano. Un simile risultato del resto l'otteniamo leggendo e ascoltando gli autori migliori: con un simile esercizio finiremo infatti non solo per conoscere i nomi stessi delle cose, ma sapremo anche qual è il vocabolo più adatto in ogni circostanza.

9. In un'orazione c'è infatti posto per quasi tutte le parole, tranne quelle poche che urtano il senso del pudore. A dir la verità i poeti giambici e gli autori della commedia antica sono spesso lodati proprio per quelle; ma io devo guardare al mio compito. Tutte le parole, fatte eccezione per quelle di cui ho appena parlato, sono ottime in alcuni contesti: talvolta c'è bisogno infatti di vocaboli bassi e comuni, mentre le parole che sembrano volgari in una parte alquanto elegante del discorso sono appropriate quando le circostanze lo richiedono.

10. Noi possiamo ottenere questi risultati soltanto a una condizione: possiamo conoscere non soltanto il significato delle parole, ma anche la loro morfologia e la loro quantità metrica, in modo che risultino convenienti in tutti i posti dove saranno collocate, soltanto attraverso la lettura e l'ascolto di molti testi, dal momento che ogni lingua noi la impariamo in primo luogo attraverso le orecchie. Per questo motivo alcuni bambini, che erano stati educati, per ordine di un re, in solitudine da nutrici mute, anche se (si dice) hanno emesso alcune parole, sono rimasti tuttavia privi della facoltà di parlare.

11. Ci sono poi altre parole che hanno una natura tale da poter indicare lo stesso concetto con vocaboli diversi, così che non c'è alcuna differenza di significato tra l'uso di ensis e la gladius per "spada". Altri vocaboli, invece, come ferrum [ferro] e mucro [punta], pur essendo propri di alcune cose diverse tra loro, vengono usati metaforicamente in modo da indicare lo stesso concetto;

12. attraverso una catacresi noi chiamiamo infatti sicarii anche tutti coloro che hanno commesso un omicidio, indipendentemente dall'arma che hanno usato. Altre cose le esprimiamo invece con una circonlocuzione, come per esempio quando diciamo "e una grande quantità di latte compresso" invece di "formaggio". Moltissime altre le esprimiamo poi attraverso l'uso delle figure, cambiando una parola con l'altra: "so" invece di "non ignoro", "non mi sfugge" e "non mi scappa" invece di "chi non sa?" e "nessuno ignora".

13. Ma è permesso anche prendere in prestito una parola da altre che sono molto simili: "capisco" e "sento" e "vedo" hanno infatti il più delle volte lo stesso valore di "so". La lettura ci fornirà abbondanza e ricchezza di queste parole, e in questo modo noi le potremo usare non soltanto a seconda di come ci capitano sotto mano, ma anche come è opportuno farlo.

14. Queste parole non sono infatti sempre identiche tra loro: se è corretto l'uso del verbo "vedere" a proposito della comprensione dell'animo, non sarebbe lusso di "capire" a proposito della vista degli occhi, e se mucro [punta] può voler dire gladius [spada], gladius non vuol dire mucro.

15. Ma se in questo modo ci si procura un ricco bagaglio lessicale, non per questo bisogna leggere o ascoltare soltanto per arricchire il nostro vocabolario. Mai da qui che derivano gli esempi di tutti precetti che insegniamo, che sono più efficaci perfino delle stesse regole che vengono insegnate, dal momento che l'oratore mostra quello che il maestro ha insegnato, sempre che l'alunno sia stato guidato fino al punto da poter capire gli esempi senza una guida e da poterli ormai seguire con le sue proprie forze.

16. Diversi sono poi i vantaggi che derivano dall'ascolto della lettura. Colui che parla suscita entusiasmo quello spirito stesso che anima le sue parole, e si infiammano con l'accurata descrizione di un fatto, ma con il fatto stesso. Tutto infatti di lire e si muove, e noi accogliamo con favore e con sollecitudine può essere nuove nascite (se vogliamo chiamarla in questo modo), e siamo toccati non soltanto dall'esito eventuale del processo, ma anche dove i rischi affrontati dagli stessi oratori.

17. Oltre tutto questo, la voce, il decoro dei gesti, la recitazione conforme alle esigenze di ogni momento dell'orazione (che permette di ottenere risultati migliori) - tutto questo è, per dirla in una parola sola, ugualmente un insegnamento.quando leggiamo, il nostro giudizio è più sicuro, poiché spesso l'equilibrio critico di chi ascolta viene sconvolto o dalle favorevoli simpatie che ognuno di noi prova per un oratore o dai clamorosi applausi di coloro che lodano.

18. Se non siamo d'accordo, infatti, ci vergogniamo, e un certo silenzio ritegno ci inibisce, per così dire, dal credere a noi stessi più degli altri, anche se talvolta alla maggior parte degli ascoltatori piacciono proprio le sezioni piene di difetti, e coloro che sono stati pagati per applaudire lodano perfino quelle parti che non hanno gradito.

19. Accade però anche il contrario: giudizi negativi non rendono giustizia ad arringhe pronunciate in modo perfetto. La lettura libera, e non corre via veloce come l'impeto dell'orazione giudiziaria: e invece possibile rileggere il discorso più volte, sia che tu abbia qualche dubbio sia che tu voglia impararlo perfettamente a memoria. Dobbiamo cercare di rileggerlo, dobbiamo conoscerlo alla perfezione: come, per digerirli facilmente, inghiottiamo i cibi dopo aver rimasticati arresti quasi liquidi, così la lettura deve essere consegnata alla memoria e all'imitazione senza essere cruda, ma dopo essere stata ammorbidita e, per così dire, sminuzzata dalle continue riletture.

20. E bisogna leggere a lungo soltanto gli autori migliori e tutti coloro che non ingannano mai l'alunno che si affida all'oro, ma con diligenza e quasi con la stessa cura che avremmo se, invece di leggere un'orazione, la dovessimo scrivere: non dobbiamo limitarci ad analizzare singolarmente ogni capitolo, ma, quando avremo letto un libro fino in fondo, dovremo riprenderlo in mano e rileggerlo da capo; e questo vale soprattutto per le orazioni, perché i loro pregi sono il più delle volte anche nascosti, e di proposito.

21. Spesso infatti l'oratore prepara il suo discorso, dissimula, tende trabocchetti, e nella maggior parte dell'arringa dice qualcosa che gli tornerà utile soltanto alla fine dell'orazione; per questo motivo, laddove è stata collocata dall'oratore, ci piace poco - che noi non sappiamo ancora per quale motivo sia stato detta proprio là -, ed è per questo motivo che l'orazione dovrà essere riprese in mano alla fine, quando saremo a conoscenza di tutto.

22. Ma l'esercizio più efficace consiste nel conoscere dei processi dei quali avremo presto in mano le arringhe e, tutte le volte che sarà possibile, leggere le orazioni che sono state pronunciate da entrambe le parti in causa: come le orazioni, contrarie tra loro, di Demostene e di Eschine, e quelle di Servio Sulpicio e di Messalla (la prima a favore della seconda contro Aufidia), è quella di Pollione e di Cassio sul processo di Asprenate, e moltissime altre.

23. e se alcune sembreranno essere di diversa qualità, dovranno essere tuttavia studiata per conoscere bene le questioni sollevatela dalle controversie, come l'orazione di Tuberone contro Ligario è quella di Ortensio a favore di Verre, entrambe pronunciate contro le arringhe di Cicerone. Anzi, sarà utile sapere come ogni oratore ha già trattato le stesse cause. Che li ha infatti parlato della casa di Cicerone e Bruto ha scritto un'orazione in difesa di Milone per fare esercizio (anche se Cornelio Celso sbaglia a pensare che Bruto l'abbia davvero pronunciata);

24. Pollione e Messalla hanno difeso gli stessi imputati, mentre, quand'ero bambino, godevano di grande popolarità le orazioni di Domizio Afro, di Crispo Passieno e di Decimo Lelio in difesa di Voluseno Catulo. E chi legge non deve essere subito convinto che tutte le frasi pronunciate dagli autori grandi siano sempre state impeccabili. A volte, infatti, cadono, cedono sotto il peso, indulgono in ciò che fa loro piacere; non sono sempre attenti, e di tanto in tanto hanno un momento di stanchezza. A Cicerone sembra che talvolta Demostene sonnecchi; Orazio, poi, sosteneva che perfino Omero di tanto in tanto si faceva una bella dormita.

25. Sono grandissimi, è vero, ma sono pur sempre uomini: a coloro che considerano un modello di eloquenza tutto ciò che hanno letto nelle opere dei migliori che capita di imitare le loro frasi peggiori (e copiare il peggio è infatti più facile che imitare il meglio) e di ritenersi molto simili ai grandi se commettono i loro stessi errori.

26. Quando si parla di uomini così eccellenti bisogna tuttavia pronunciare giudizi moderati e circospetti per evitare di condannare quello che non si capisce (cosa che accade alla maggior parte della gente). E se è inevitabile cadere in una colpa o nell'altra, preferirei che ai lettori piacesse tutto quello che hanno scritto questi grandi autori piuttosto che ci fossero molte cose non gradite.

27. Teofrasto sostiene che all'oratore è molto utile la lettura dei poeti, e molti condividono la sua opinione - e non a torto: dai poeti si ricavano infatti l'ispirazione negli argomenti, il sublime nelle parole, ogni tipo di emozione nei sentimenti, il decoro dei personaggi, ed è soprattutto l'animo degli oratori, logorato - per così dire -dalla pratica quotidiana nel foro, a venire meravigliosamente tonificato dalla libertà di simili argomenti; e per questo motivo Cicerone pensa che ci si debba riposare facendo queste lettura.

28. Vorrei però ricordare che il relatore non deve seguire il poeti in tutto, né per quanto riguarda la libertà delle parole né per quanto concerne le licenza e figure retoriche: la poesia è un genere letterario è stato paragonato all'oratoria epidittica e, a parte il fatto che ha come scopo soltanto il piacere è che va alla sua ricerca immaginando non solo ciò che è falso ma anche ciò che è incredibile, riesco anche ad avere qualche aiuto:

29. essendo legata a certe necessità metriche, non può servirsi sempre di parole proprie, ma, scacciata dalla via più diretta, deve per forza rifugiarsi in alcune scorciatoie espressive, ed è costretta non solo a cambiare le parole, ma anche ad allungarle, ad accorciarle, a spostarle, a dividerle: noi, invece, siamo soldati schierati sul campo di battaglia, combattiamo una guerra che ha come posta la vita o la morte, facciamo di tutto per ottenere la vittoria.

30. E non mi piacerebbe che le nostre armi fossero ricoperte di sporco e di ruggine: vorrei invece che avessero il fulgore che spaventa i nemici, come la lucentezza del ferro e terrorizza l'animo è contemporaneamente alla vista, enorme come la brillantezza del e dell'argento, che è un bel era inutile e vigliacco, capace piuttosto di spaventare chi li possiede.

31. Anche la storia può nutrire l'oratore con il suo succo che potremmo definire ricco e piacevole; ma anche la storia deve essere eletta senza dimenticare che la maggior parte delle sue qualità dell'essere evitata dall'oratore. È infatti molto vicino ai poeti, in un certo senso, è una poesia non in versi; viene scritta per raccontare, non per dimostrare, e l'intera opera è composta non per un effetto immediato o per una battaglia legale è imminente, ma ricordare alcuni avvenimenti e i posteri e per procurare fama al talento dell'autore: e per questo motivo a evitare il tedio della narrazione grazie all'uso di parole piuttosto remote e di figure alquanto libere.

32. Pertanto, come ha già detto prima, non dovremmo imitare la famosa "brevità" di Sallustio: se non si può essere nulla di più perfetto per ascoltatori privi di impegni e colti,1 simile stile deve essere evitato se si parla davanti a un giudice preso da tanti pensieri e che, il più delle volte, non è particolarmente istruito. Inoltre, lui che cercava non un racconto bello ma una storia credibile non riceverà un sufficiente insegnamento dell'altrettanto celebre "lattea copiosità" di Livio.

33. Aggiunge il fatto che Marco Tullio Cicerone non crede utili all'oratore nemmeno Tucidite o Senofonte, e temendo che le parole del primo abbiano "il suono di una tromba di guerra" e che attraverso la bocca del secondo abbiano "parlato le Muse". A noi operatori è tuttavia permesso talvolta di servirci, nelle digressioni, della lucentezza stilistica che contraddistingue le opere storiche, a patto che però nei punti fondamentali del processo ci ricordiamo che non abbiamo bisogno dei muscoli lucenti degli atleti ma delle braccia dei soldati, senza dimenticarci che la veste multicolore indossata - a quanto si dice - da Demetrio Falereo non è adatta alla polvere del suolo.

34. C'è anche un altro vantaggio che si ricava dalla storia - un vantaggio molto grande, a dire la verità, ma che non riguarda l'argomento in questione: la conoscenza dei fatti e degli esempi che l'oratore deve avere prima di ogni altra cosa. Egli non deve infatti aspettarsi tutte le testimonianze dal suo cliente, ma, se conoscerà in modo approfondito tutte le vicende della storia antica, è da lì che dovrà prendere la maggior parte dei suoi argomenti, che risulteranno poi essere i più efficaci proprio per il fatto che sono i soli a non poter essere accusati i pregiudizi negativi e positivi.

35. Siamo poi costretti a dover ricavare molto dalla lettura dei filosofi: questo avviene per colpa degli oratori, che sono stati inferiori al loro nella parte migliore del loro lavoro. Sono infatti soprattutto i filosofi a parlare (e a discutere accanitamente) e ciò che è giusto, onesto, utile, e loro o contrario, e di ciò che riguarda la divinità, preparando alla perfezione il futuro oratore per i dibattiti e per l'interrogatorio dei testimoni.

36. A proposito dei filosofi bisogna tuttavia usare un criterio analogo: anche se c'occupiamo degli stessi argomenti, dobbiamo però sapere che non è identica la condizione dei processi e delle discussioni filosofiche, del tribunale e della sala di lettura, degli insegnamenti teorici e dei rischi dell'avvocato.

37. Io credevo che la maggior parte dei lettori si aspetti che ha, dal momento che ritengo così utile la lettura, io aggiunga al mio lavoro anche un elenco degli autori da leggere e l'indicazione dei pregi maggiori presenti in ognuno di loro. Ma passare in rassegna un opportuno sarebbe un lavoro senza fine.

38. Nel Brutus Marco Tullio Cicerone parla in tante migliaia di righe esclusivamente dagli oratori romani e non menziona tutti i suoi contemporanei che allora erano ancora vivi (con le percezione di Cesare e Marcello): quanto sarebbe lungo questo libro se <dovresti parlare> anche di quelli tralasciati da Cicerone, di quelli che sono venuti dopo di lui e di tutti i Greci, e dei filosofi?

39. Il consiglio più sicuro fu quindi la breve frase che <fu> scritta da Tito Livio nella lettera al figlio: " bisogna leggere Demostene e Cicerone, e poi tutti corruttori e sono molto simile a Demostene e Cicerone".

40. Neanch'io devo nascondere il mio giudizio generale: io credo infatti che si possano trovare pochi autori (o, forse, addirittura nessuno), tra coloro che sono riusciti a resistere al passare del tempo, che non potranno essere utili in qualcosa agli studenti che sanno servirsi della loro intelligenza, dello stesso Cicerone a me di aver ricevuto un aiuto grandissimo anche degli autori più antichi, che erano certamente dotati di talento ma per il lì tecnica.

41. E non la pensa diversamente a proposito del autori moderni: quanti di se ne possono infatti trovare così pazzi da non nutrire nessuna speranza di essere ricordati dei posteri, se non per tutte le loro opere, almeno per alcune parti di qualcuno di loro scritti? E se ce n'è qualcuno, lo scopriamo subito, prime righe, e fuggiremo via da lui prima di perdere troppo tempo a leggerlo.

42. Ma tutto ciò che riguarda una certa parte della dottrina non è per questo necessariamente adatto alla formazione dello stile, che è l'argomento del quale ci stiamo occupando.

Ma, prima di parlare dei singoli autori, bisogna fare qualche annotazione in generale sulla diversità dei giudizi che sono stati espressi su di loro.

43. Alcuni credono infatti che si debbano leggere soltanto gli autori antichi, convinti che in nessun altro ci si era l'eloquenza naturale e la forza degna degli uomini; ad altri piacciono allo stile lascivo di questi tempi recenti, la raffinatezza e contemporanea è e tutte le opere composte per il piacere di una moltitudine priva di cultura.

44. E pure tra loro che vogliono seguire un corretto genere di eloquenza, ce ne sono alcuni che reputano sano è veramente attico il linguaggio chiaro e semplice, quello che m'ero distante dall'uso quotidiano, mentre ce ne sono altri che sono affascinati dalla forza trascinante dell'ingegno, concitata e piena di spirito, e non sono pochi gli estimatori di un genere piano, raffinato e ben ordinato. Di questa differenza parlerò con maggiore precisione quando bisognerà esaminare i diversi generi stilistici: nel frattempo dell'opera sommi capi che cosa possono imparare coloro che vorranno consigli e le proprie capacità espressive e quali il lettore possano essere loro d'aiuto per raggiungere questo risultato.

45. La mia intenzione è quella di scenderne pochi maledire i migliori: è facile poi agli studenti stabilire quali sono i più insigni del lavoro, perché è non loro che nessuno si lamenti e mi accusi di aver dimenticato, per un motivo o per l'altro, i suoi autori preferiti. Qui lo dico e lo ripeto: gli autori che devono essere eletti sono molti di più rispetto a quello che citerò nei capitoli seguenti. Ma adesso voglio parlare proprio di quei generi letterari che ritengo di massima utilità a coloro che hanno intenzione di diventare oratori.

46. Ragion per cui, come Arato creda che si debba cominciare da Giove, così a noi sembra che la cosa migliore sia cominciare da Omero. Ci ha dato infatti un modello,1 punto di partenza per tutte le parti dell'eloquenza, proprio come Omero stesso dice dall'Oceano ha inizio il corso dei fiumi e delle sorgenti. Nessuno potrebbe superare Omero per sublimità negli argomenti di grande importanza e per proprietà in quelli di minore importanza: è ricco e conciso, ma è serio, degne di ammirazione per l'abbondanza per la concisione, supera tutti non solo per le sue capacità poetiche, ma anche per il suo vigore oratorio.

47. Infatti, senza voler parlare della lodi, dalle esortazioni e delle consolazioni, forse nono libro, che contiene l'ambasceria mandata ad Achille, per la violenta discussione tra i capi di Neil primo libro, i consigli forniti nel secondo non sviluppano tutta le tecniche dell'oratoria giudiziaria e deliberativa?

48. Non ci sarà certo nessuno così ignorante da non ammettere che un simile autore aveva nelle sue corde tanto i sentimenti moderati quanto quelli trascinanti. E non è forse vero - andiamo! - che all'inizio di entrambi i poemi, in pochissimi versi, ha, non dico rispettato, ma addirittura creato la legge dei proemi? Egli raggiunge infatti questi risultati: dispone favorevolmente il lettore con l'invocazione alle dee che, come era credenza diffusa, proteggevano i poeti; stimola il suo interesse mettendo gli davanti l'importanza degli argomenti; gli chiarisce la storia facendo una rapida sintesi degli avvenimenti principali.

49. Chi potrebbe raccontare più sinteticamente di Omero la morte di Patroclo? chi potrebbe narrare in modo più espressiva di grasso di lui la battaglia tra i Cureti e gli Etoli? Le similitudini, le amplificazioni, gli esempi, le digressioni, le prove dei fatti, le argomentazioni e tutti gli altri mezzi per provare e confutare sono così numerosi che anche quelle che l'hanno scritto trattati di retorica saranno costretti a prendere da questo poeta moltissimi esempi relativi a questi fenomeni.

50. Quale perorazione finale del infatti di essere mai accostata alle famose preghiere rivolte dal Priamo ad Achille? e che altro potremmo dire ancora? non è forse andato al di là delle capacità dell'ingegno umano nelle parole, nei pensieri, nelle figure, nella struttura di tutta l'opera, al punto che solo un uomo veramente grande potrebbe non dico imitare i suoi pregi (cosa che sarebbe impossibile), ma solo apprezzarli pienamente?

51. Senza dubbio Omero ha superato tutti in ogni campo della letteratura, distanziando di molto i suoi colleghi; questa constatazione vale soprattutto i poeti epici - ed è ovvio, dal momento che è molto duro il paragone che si rimane all'interno dello stesso genere letterario.

52. Esiodo sale di rado alle vette omeriche e la gran parte dei suoi poemi è fatta di nomi propri; sono tutte utili le sue sentenze a proposito dei precetti, ed è nell'approvazione la levigatezza belle parole ed la composizione, che gli viene attribuito il primato nello stile medio dell'eloquenza.

53. Antimaco, al contrario, di e lodato per la forza, la nobiltà e lo stile tutt'altro che volgare. Ma, benché il consenso quasi unanime dei letterati gli conferisca il secondo posto, gli mancano i sentimenti, la grazia, la disposizione e, in una parola, l'arte: risulta quindi evidente che una corsa e l'essere molto vicino a uno scrittore, un'altra l'essere secondo dopo di lui.

54. Credono che Paniassi, un misto dell'uno dell'altro, non raggiunga i pregi di nessuno dei due per quanto riguarda lo stile; Esiodo e tuttavia superato da lui per quanto riguarda la metrica, Antimaco per quanto riguarda il modo di disporla. Ne ancora assillato dai critici letterari, Apollonio Rodio non compare, dal momento che Aristarco e Aristofane, i giudici dei poeti, non hanno compreso nel numero nessuno tra i poeti contemporanei - e pure ha pubblicato un lavoro che non gli avesse disprezzato per l'uniformità con la quale si mantiene entro i limiti dello stile medio.

55. La materia trattata da Arato è priva di vita: non c'è nessuna varietà, nessun sentimento, nessun personaggio, nessun discorso, niente - quello che c'è è tuttavia sufficiente rispetto all'opera che si credette capace di scrivere.merita ammirazione, nel suo genere, Teocrito - ma la sua musa contadina e pastorale ha paura non soltanto del foro, ma anche della stessa vita cittadina.

56. Mi sembra di sentire da tutte le parti gente che cita caterve di nomi di moltissimi poeti. E che? Pisandro non ha raccontato bene le fatiche di Ercole? E che? Macro e Virgilio hanno imitato Nicandro inutilmente? E che? Dimenticheremo Euforione? Se lo stesso Virgilio non lo avesse lodato, certo non avrebbe mai ricordato nella bucolica e su cui si è composto in verso calcidico. E che? Orazio accosta senza motivo il nome di Tirteo a quello di Omero?

57. E certo non esiste nessuno che sia tanto ignorante da non poter prendere da una biblioteca un catalogo di quegli autori e da trasferirlo nei suoi libri. E quindi di non ignoro affatto gli scrittori che non ho citato, e nemmeno certamente il biasimo: ho detto prima che in tutti gli autori si può provare qualcosa di utile.

58. Ma torneremo a parlare di questi poveretti quando avranno rinvigorito e consolidato le nostre forze: è quello che facciamo spesso nei banchetti sontuosi, quando, dopo esserci saziati di cibi squisiti, risultano graditi per la vera varietà anche quelli meno raffinati.avranno allora il tempo di prendere in mano anche l'elegia: si ritiene che l'autore a migliore sia Callimaco, mentre a detta dei più il secondo posto l'ha occupato Fileta.

59. Ma fino a che non avranno raggiunto quella sera lì la facilità di scrittura di cui ho parlato, bisogna abituarsi a livello tra i migliori: il naso hanno trasformato, il calare del nastro stile ha creato più con un gran numero di letture che non condanna la lettura di molti scrittori. E così, dei tre poeti giambici approvati dalla critica di Aristarco, alla "facilità" [hexis] contribuiva in particolar modo il solo Archiloco.

60. Nei suoi giambi la forza del suo stile è grandissima, i suoi versi sono ora solidi ora concisi e vibranti, la sua poesia è sanguinosa e nervosa, al punto che alcuni credono che il suo essere inferiore e qualche altro poeta sia dovuto agli argomenti della sua poesia, e non al suo talento.

61. Dei nove lirici, poi, Pindaro e di gran lunga il primo per l'ispirazione, per la magnificenza, per le sue massime, per le figure, per la felicissima ricchezza degli argomenti e delle parole, per la sua eloquenza, per così dire, torrenziale: è per tutti questi pregi che Orazio ha avuto ragione a credere che non può essere imitato da nessuno.

62. Quanto fosse eccellente il talento di Stesicoro lo mostrano anche le i soggetti delle sue composizioni: e li canta le guerre è più grande di comandanti più famosi, sostenendo con il suono della sua lira il pesto della poesia epica. E gli conferisce infatti ai personaggi la dignità che si meritano sia nelle azioni sia, contemporaneamente, nelle parole; sembra che, se avesse conservato il senso della misura, avrebbe potuto occuparsi gareggiare con Omero. Purtroppo è ridondante, e tende all'esagerazione - e questo è un difetto da biasimare, anche se dovuto all'eccesso del suo talento, e non alla sua mancanza.

63. Giustamente Alceo riceve in dono "un plettro d'oro" per quella parte dell'opera d'arte, dopo avere perseguitato i tiranni, mostra anche una grandezza morale; è anche sintetico nello stile, nobile, curatolo e molto simile a un oratore; è stato anche capace di scherzare, e si è abbassato fino alla poesia amorosa, pur essendo più adatto a premi più alti.

64. Simonide, che la investono sì il semplice, può essere lodato per la proprietà di linguaggio per un certo quel fascino, anche se il suo pregio più grande consiste nel suscitare la compassione, al punto che alcuni, sotto questo punto di vista, lo preferiscono a tutti gli altri autori dello stesso genere letterario.

65. La commedia antica è forse l'unico genere poetico e conservi la schietta grazia del dialetto attico; gode di una libertà di parola eccezionale, seppure ha come obiettivo principale le critiche dei vizi, ha tuttavia moltissima forza anche altrove. Essa è infatti elevata, elegante, leggiadra, e non credo che esista nessun altro genere letterario che sia o più simile all'oratoria o più adatto alla formazione degli oratori, eccetto naturalmente omero che, come Achille tra gli eroi, deve essere sempre considerato qualcosa di eccezionale.

66. Molti sono gli autori di commedie, ma i principali sono Aristofane, Eupoli e Cratino. Eschilo fu il primo a dare luce alle tragedie, sublime grave, spesso magniloquente fino all'eccesso, ma il più delle volte inelegante e poco armonioso: per questo motivo gli Ateniesi permisero ai poeti venuti dopo di lui di correggere e di presentare in gara le sue tragedie: ce ne sono molti che sono stati coronati da loro in questo modo.

67. Ma questo genere letterario è stato reso illustre in modo di gran lunga più splendido da Sofocle e da Euripide; diverso è il loro modo di scrivere, e moltissimi discutono su quale dei due sia il poeta migliore. E, dal momento che non riguarda l'argomento di cui ci stiamo occupando, questa discussione, lascia senza risposta. Quello che però tutti devono ammettere è che, per coloro che si preparano a diventare avvocati, è di gran lunga più di Euripide. Non c'è il assolveranno sopra a Carlo 68. E infatti si avvicina maggiormente al genere oratorio per il suo stile è (ed è proprio questo il difetto che gli rinfacciano coloro ai quali sembra più sublime la gravità, il coturno è la sonorità di Sofocle): è più ricco di frasi concettose, e quasi pari ai filosofi del campo dove loro sono specialisti, merita di essere paragonato, per quel che riguarda l'accusa della difesa, a ciascuno di quelli che sono stati eccellenti oratori nel foro, è degno di ammirazione per il modo di provocare le passioni e, soprattutto, è nettamente il primo quando si tratta di suscitare la commozione.

69. Euripide è stato ammirato moltissimo e seguito, anche se in un diverso genere letterario, da Menandro (e ne esistono parecchie testimonianze); a mio parere sarebbe sufficiente l'attenta lettura delle commedie di Menandro per sviluppare tutte le qualità che noi cerchiamo di coltivare con il nostro insegnamento: a tal punto ha saputo esprimere ogni aspetto della vita, a tal punto era dotato di inventiva e di facilità di parola, a quel punto è stato in grado di adattarsi a ogni circostanza, a ogni personaggio, a ogni stato d'animo.

70. È questo l'hanno visto certamente vero che credono che siano state scritte da Menandro le orazioni pubblicate sotto il nome di Carisio. A me sembra però che l'oratore sia da lodare soprattutto nelle sue commedie, a meno che non si considerino prive di ogni ritmo oratorio né le arringhe che sono contenute negli Epitrepontes, nell'Epicleros e nei Locroi, né le riflessioni presenti nello Psofode, nel Nomoteta e nell'Ipobolimeno.

71.credo tuttavia che Menandro sarà ancora più utile a coloro che scrivono le declinazioni, poiché essi devono per forza entrare nella psicologia di molti personaggi a seconda della natura delle controversie: devono essere padri, figli, giovani, mariti, soldati e contadini, ricchi e poveri, uomini che si sono arrabbiati o che supplicano, uomini miti o duri.e il poeta riesce splendidamente salvaguardare la credibilità di tutti questi personaggi.

72. E, a dire il vero, Menandro ha offuscato la fama di tutti gli altri autori dello stesso genere letterario, stendendo su di loro le tenebre grazie al fulgore, se così si può dire, della sua brillantezza. Ci sono però anche altri poeti comici che, se eletti con indulgenza, hanno qualcosa da offrire: questo vale soprattutto per fini le nonne,, come fu spesso preferito a Menandro dai giudizi ingiusti del suo tempo, così adesso, per unanime consenso, si è conquistato il merito di essere reputato secondo.

73. Molti hanno scritto eccellenti opere storiche, ma non c'è nessun dubbio che siano da preferire nettamente agli altri: i versi sono le loro qualità, ma le lodi che hanno ottenuto sono quasi uguali. Tucidide è denso, sintetico, incalzante, mentre Erodoto è dolce, chiaro, fluente: il primo è superiore all'altro nei momenti concitati, il secondo in quelli tranquilli; il primo nei discorsi politici, il secondo nelle conversazioni private; le prime superiore per la forza, il secondo gli fascino.

74. Teopompo, che è il più vicino a quelli di cui abbiamo appena parlato, se è inferiore come storico vero e proprio, è più simile a un oratore, proprio come colui che, prima di dedicarsi a un lavoro di questo tipo, era stato per lungo tempo l'oratore. Anche Filisto merita di essere separato dal gran numero di autori venuti dopo Erodoto e Tucidide (per quanto validi fossero): un imitatore di quest'ultimo, pur essendo molto più fiacco di lui, riusciva talvolta risultare più chiaro. Eforo (questa era l'opinione di Isocrate) ha bisogno di essere pungolato. Il talento di Clitarco si merita l'approvazione, ma la sua attendibilità è dubbia.

75. Dopo l'intervallo di tempo è nato Timagene: proprio per questo motivo è degno di approvazione, poiché l'interesse, ottenendo nuove lodi, l'accusa di scrittore di opere storiche, che era stata interrotta. Non mi sono dimenticato di Senofonte: deve essere però inserito tra i filosofi.

76. Segue la nutrita schiera degli oratori: ad Atene nello spazio di una sola generazione ne nacquero 10 contemporaneamente. Il primo di loro fu di gran lunga Demostene, che fu quasi la legge stessa dell'eloquenza: tanta era la sua forza, così dense le sue frasi come se fossero tese da nervi robusti, così privo di pause, tale la sua misura che non potresti trovare nelle sue orazioni né qualcosa di meno né qualcosa di più.

77. Eschine è più ricco, più scorrevole e, quanto meno è conciso, tanto più assomiglia a un grande oratore; però ha più carne e meno muscoli. Iperide è tra i primi per dolcezze penetrazione, ma in vigore nelle cause di minore importanza (per non dire cause di poco valore).

78. Lisia, che è precedente a questi oratori che ho ricordato, è fine ed elegante, non potresti trovare nulla di più perfetto di lui, se l'unico compito di un oratore fosse quello di informare il giudice. Non c'è nulla di inutile, nulla di ricercato: ma assomiglia di più a una limpida sorgente che non ha un fiume maestoso.

79. Diverso è il genere di eloquenza e di Isocrate: negli, che era elegante, curato e più adatto alla palestra che non al campo di battaglia, ricercò tutte le bellezze delle grazie dello stile - e non senza ragione: e lui si era infatti preoccupato per le sale di lettura, non per i tribunali: facile nell'inuentio, scrupolosamente onesto, era così attento alla composizione della sua stessa cura gli veniva rimproverata.

80. E questi pregi che ho citato a proposito degli oratori di cui ho parlato non sono certo gli unici, ma quello che io ritengo il più importanti, e non credo che gli altri oratori siano stati meno grandi. Anzi quel famoso Demetrio Falero il credo che abbia avuto molto talento e molta facilità di parola, per quanto si è ritenuto responsabile del declino dell'eloquenza: e se merita di essere ricordato e per questo motivo, è stato l'ultimo, o quasi, gli ateniesi che si possa definire oratore, e lo stesso Cicerone lo preferisce a tutti gli altri nel genere medio di eloquenza.

81. Chi potrebbe dubitare che Platone, sia per l'acume della sua dialettica sia per la sua facoltà di colloquio quasi divina e degna di Omero, è uno dei filosofi dei quali Cicerone confessa di aver ricavato la parte maggiore della sua eloquenza? Egli sale infatti molto al di sopra la di quello stile oratorio che i Greci chiamano "prosaico", al punto da fargli credere che non sia stato ispirato da un ingegno umano, ma dall'oracolo di Delfi.

82. Perché mai dovrei ricordare la piacevolezza di Senofonte priva di affettazione - una gradevolezza che nessun tipo di affettazione potrebbe conseguire? sembra quasi che siano le Grazie in persona a scrivere le sue opere: si può riferire senza alcuna paura di sbagliare anche la metafora usata da un poeta della commedia antica a proposito di Pericle, vale a dire che sulle sue labbra si vedeva la dea della Persuasione.

83. È cosa dovrei dire dell'eleganza degli altri seguaci di Socrate? E cosa di Aristotele? e non saprei se coprirlo di elogi più per le sue conoscenze scientifiche o per l'abbondanza delle sue opere e la dolcezza del suo stile o per l'acume delle sue scoperte o per la varietà dei suoi interessi. E in Teofrasto è infatti così il divino lo splendore dell'eloquenza che si dice che il suo nome sia derivato proprio da qui.

84. Si dice che primi stoici non si siano tanto occupati dell'eloquenza: insegnarono l'onestà e raggiunsero eccellenti risultati nelle argomentazioni nelle dimostrazioni d'oro i loro principi. La profondità delle loro riflessioni filosofiche fu tuttavia maggiore rispetto alla bellezza dello stile (che non rientrava del resto nelle loro aspirazioni).

85. Anche per gli autori romani dobbiamo seguire lo stesso ordine. E quindi, come per loro Omero, così per noi potrebbe essere Virgilio a dare un esordio felicissimo: di tutti i poeti greci e romani che si sono dedicati all'epica, egli fu senza dubbio il più vicino al grande Omero.

86. Mi servirò infatti delle stesse parole che ho sentito dire da Domizio Afro quando ero giovane: a me, che gli chiedevo chi fosse, a suo parere, il poeta che più si avvicinava a Omero, e rispose dicendo che è "il secondo è Virgilio, ma più vicino al primo che al terzo". E, per Ercole come ci dobbiamo inchinare davanti alla natura di Omero, celeste e immortale, così dovremmo fare davanti alla cura e alla diligenza di Virgilio; anzi, proprio presto va maggiormente apprezzato in lui, perché dovette fare uno sforzo maggiore, è una differenza tra i due che si riscontra nei momenti più alti, dove Omero è superiore al nostro, viene forse bilanciata dalla maggiore uniformità di Virgilio. Tutti gli altri lo seguiranno a grande distanza.

87. Macro e Lucrezio sono infatti due autori da leggere, certo, ma non perché ci insegni in uno stile, che è il nocciolo dell'eloquenza: sono anelanti ciascuno nella sua materia, ma il primo è semplice, mentre il secondo è difficile. Varrone Atacino non è certo un autore da disprezzare in acqua i lavori grazie ai quali si è guadagnato una certa fama come traduttore dell'opera di un altro poeta, ma la ricchezza del suo vocabolario non è tale da farlo considerare un modello da seguire per accrescere la propria eloquenza.

88. Ennio adoriamolo pure come facciamo con i boschi sacri per la loro antichità, dove le querce grandi e vecchie non possiedono tanto la bellezza quanto la religiosità. Altri sono invece più vicini a Virgilio e sono quindi più adatti al nostro proposito. Ovidio è certamente lascivo anche nei suoi versi epici: era troppo innamorato del suo talento, benché meriti di essere lodato per alcune parti.

89. Cornelio Severo, invece, pur essendo migliore come versificatore che è con me poeta, si sarebbe meritato a buon diritto il secondo posto se (come è stato detto) avesse scritto il suo poema la guerra di Sicilia nello stesso stile del primo libro. Una morte precoce non ha permesso a Serrano di perfezionare la propria arte; le sue opere giovanili mostrano però un talento eccezionale e una disposizione nei confronti del bello stile degna di una ammirazione, soprattutto se si pensa alla sua età.

90. Con la morte recente di Valerio Flacco abbiano avuto una grave perdita. L'ingegno di Saleio Basso era pieno di slancio e di poesia; nemmeno lui, purtroppo, sul resto maturo dalla vecchiaia.Rabirio e Pedone meritano di essere conosciuti, che sia tempo. Lucano e ardente, appassionato, famosissimo per i suoi versi sentenziosi - dico quello che sento - dovrebbe essere invitato più dagli oratori che dai poeti.

91. Abbiamo nominato questi poeti e la cura del mondo distolse Germanico Augustolo dagli studi intrapresi, e agli dèi sembrò poco importante che fosse il più grande dei poeti. Che cosa potrebbe esserci di più sublime, di più dotto, il più eccellente insomma in ogni sua parte di queste stesse opere di Germanico nelle quali egli si era rifugiato dopo aver rinunciato, del giovane, all'impero? Chi potrebbe infatti cantare le guerre meglio di chi le combatte in questo modo? Quale poeta le divinità che presiedono agli studi potrebbero ascoltare volentieri? a chi Minnerva, la sua dignità di famiglia, potrebbe rivelare con maggior piacere le sue arti?

92. Questi elogi li faranno con voce più sonora le generazioni future; adesso questa lode di una offuscata dallo splendore di tutte le altre sue virtù. Tu, o Cesare, ci perdonerai se noi che coltiviamo religiosamente il culto delle lettere, non passiamo sotto silenzio questo particolare, testimoniandolo chiaramente con un verso di Virgilio:

Lettera serpeggia parte tra gli allori vittoriosi.

93. Anche nell'energia possiamo gareggiare con i Greci. L'autore di gran lunga il terzo ed elegante mi sembra essere Tibullo.ci sono alcuni che preferiscono Properzio. Ovidio è più lascivo di tutti e dura, così come Gallo è più severo. D'altra parte, la satira è tutta nostra: il primo a raggiungere un notevole prestigio in questo genere letterario è stato Lucillio, che ha ancora alcuni ammiratori così ferventi da non provocare il minimo dubbio a preferirlo non solo agli altri autori satirici, ma anche a tutti i poeti.

94.il non sono d'accordo né con loro né con Orazio, il quale sostiene che Lucilio "scorre fangoso" è che nelle sue satire c'è qualcosa di troppo che andrebbe tolto. In lui c'è infatti una sorprendente erudizione, una grande libertà di parola e, di conseguenza, asprezza e molta arguzia.Orazio è molto più terso e puro, se l'amore che provo per lui non mi fa sbagliare, è il migliore di tutti. Molta gloria, e veramente meritata, l'ha avuta Persio, anche se è scritto soltanto un libro. Ci sono altri poeti che sono famosi e che saranno ricordati anche in futuro.

95. L'altro genere di satira, ancora più antico, misto di prosa e di poesia e non solo limitato ai diversi, lo ha fondato Terenzio Varrone, l'uomo più colto fra i Romani.egli espertissimo della lingua latina e di tutta l'antichità e della storia greca romana, ha composto moltissimi libri pieni di erudizione, destinati però a fornire un contributo maggiore alla scienza che non all'eloquenza.

96. La poesia giambica non è stata certo popolare tra i romani come un genere indipendente, ma è sempre stata mescolata da altri: l'asprezza caratteristica di questo genere letterario la si può trovare in Catullo, in Bibaculo, in Orazio, benché è in quest'ultimo ai giambi siano intercalati gli epodi.per quanto riguarda invece la poesia lirica, è lo stesso Orazio il solo, o quasi, che sia degno di essere letto: egli usa infatti uno stile talvolta elevato, è pieno di vivacità e di grazia, è vario nell'uso delle figure e coraggioso (ma con ottimi risultati) nella scelta delle parole. Volendo aggiungerne un altro, ci sarebbe Cesio Basso che è scomparso da poco; ma i talenti dei poeti ancora in vita lo precedono di molto.

97. Degli antichi scrittori di tragedie, Accio e Pacuvio sono i più famosi per la gravità dei loro pensieri, per il peso delle parole, par la nobiltà dei personaggi. Del resto si ha l'impressione che la mancanza di brillantezza dell'ultima mano nella rifinitura delle loro opere si possa scrivere e i tempi in cui vissero che non all'oro direttamente; ad Accio viene però attribuita una maggiore forza, mentre coloro che amano sembrare colti dicono che era, dei due, il più colto fu Pacuvio.

98. Il Tieste di Varo può essere poi accostato a qualsiasi tragedia greca. Mi sembra che la Medea di Ovidio sia la migliore dimostrazione dei risultati che quel poeta avrebbe potuto raggiungere se avesse preferito frenare il suo talento piuttosto che farlo galoppare briglie sciolte.di quelli che ho conosciuto io, il primo mi sembra di gran lunga essere Pomponio Secondo, che i vecchi ritenevano poco tragico, pur ammettendo però la sua superiorità per quanto riguarda l'erudizione e l'eleganza.

99. La commedia è il genere dove tutti siamo maggiormente. Nonostante il parere di Varrone, citando la frase di Elio Stilone, riteneva che le Muse avrebbero parlato con la lingua di Plauto se avessero voluto parlare latino, nonostante le lodi rivolte dagli antichi a Cecilio, nonostante l'attribuzione a Scipione l'Africano delle opere di Terenzio (che sono tuttavia le più eleganti in questo genere e che sarebbero state ancora più belle se fossero state scritte soltanto in trimeri giambici),

100. La nostra produzione comica non era altro che un'ombra sottile rispetto alla commedia greca, al punto che la stessa lingua latina non mi sembra capace di raggiungere quella divina bellezza concessa soltanto ai poeti attici, dal momento che ha nemmeno i Greci sono riusciti a raggiungerla in un altro dialetto. Nelle togate il migliore fu Afranio - e sarebbe stato molto migliore se non avesse sporcato le sue trame raccontando i vergognosi amori dei fanciulli, confessando quello che erano le sue vere inclinazioni.

101. Ma la storia non potrebbe cedere davanti ai Greci. Non avrei paura di contrapporre Sallustio a Tucidide, Erodoto non si indignerebbe se gli venisse accostato Tito Livio: quest'ultimo vostro fascino meraviglioso e una luminosissima limpidezza nelle narrazioni, mentre nei discorsi politici e più eloquente di quanto non si possa dire a parole, a tal punto che tutto ciò che si dice risulta congruamente tanto con le circostanze quanto con le persone: i sentimenti, poi, e soprattutto quelli che sono più dolci, non gli ammessi maggiormente in risalto - lo dico in modo molto sintetico - nessuno degli storici.

102. Ed è per questo che ha ottenuto, anche se in virtù di doti diverse, le stesse immortalità che Sallustio si era procurato grazie alla sua rapida concisione. Mi sembra infatti per effetto il giudizio di Servilio Noniano, secondo il quale i due sono più uguali che simili: anche lui - lo dichiaro talento ricco di frasi sentenziose, ma meno conciso di quanto lo richieda la dignità della storia - ho avuto l'occasione di sentirlo personalmente.

103. Dignità è stata mostrata splendidamente nello stesso genere letterario da Aufidio Basso, che lo precedeva di poco per età, è soprattutto nei libri sulla guerra germanica: in tutti è meritevole di lode, ma in alcuni è inferiore al proprio valore.

104. Rimane ancora a rendere gloriosa la nostra generazione un uomo degno del ricordo dei posteri, che in un futuro sarà rinomato è che adesso è apprezzato. Ha i suoi ammiratori - e non a torto - la libertà di parola di Cremuzio Cordo, benché siano stati censurati i passi che gli era stato dannoso avere scritto: ma anche nei passi rimasti potresti trovare in abbondanza un animo elevato e riflessioni audaci. Ci sono anche altri buoni scrittori-ma noi passiamo in rassegna i generi letterari facendo una selezione, non fu diamo nelle biblioteche.

105. Sono però soprattutto gli oratori quelli che possono rendere l'eloquenza latina pari a quella greca: potrà infatti mettere validamente cicerone davanti a ciascuno di loro. E non ignoro le violente reazioni che potrebbe suscitare questa mia affermazione, anche se non era affatto guasto il mio obiettivo, paragonare adesso ho cicerone a Demostene: è la cosa non ha infatti importanza, dal momento che sono convinto che Demostene è uno dei primi oratori da leggere, se non addirittura da imparare a memoria.

106. Credo poi che la maggior parte dei loro pregi sia simile: l'intelligenza, l'ordine, il modo di dividere, di preparare, di dimostrare, insomma tutto ciò che riguarda l'inuentio.nello stile dare il proprio esiste qualche differenza: Demostene e più denso, cicerone più fluente; il primo argomento in modo serrato, il secondo in modo più ampio; il primo combatte sempre di punta, il secondo spesso anche quel testo; al primo non può togliere nulla, al secondo non può aggiungere nulla; in Demostene c'è più cura, in cicerone più talento naturale.

107. Certo, nelle battute di spirito e nel patetico - pochi che hanno il peso maggiore negli affetti - abbiamo la meglio noi latini. E forse la legge della sua città avrà tolto a Demostene l'arma delle perorazioni finali, ma anche noi le diverse caratteristiche della lingua latina non avranno permesso in ugual misura i pregi che gli atticisti ammirano. Per quanto riguarda poi la lettere, benché ne siano conservate di tutti è due, e le opere dialogiche, che Demostene non scrisse, non c'è confronto.

108. Dove però siamo costretti a cedere è in questo, e cioè che Demostene è venuto prima e che da lui dipende in cospicua misura la grandezza di cicerone. A me pare infatti che Marco Tullio, nel suo dedicarsi interamente all'imitazione dei greci, abbia riprodotto la forza di Demostene, ricchezza di Platone e l'arrendevolezza di Isocrate.

109. Ma tutti pregi che si trovano in quegli autori non gli era giunti soltanto con lo studio: la maggior parte delle sue virtù (o meglio, tutte) le ha prodotte la felicissima ricchezza del suo talento immortale, traendole da se stesso. Non si limita infatti a raccogliere, come dice Pindaro, le acque piovane, ma trabocca con la sua viva corrente: la sua nascita è stato un dono della provvidenza, affinché l'eloquenza potesse mettere alla prova in lui tutte le proprie possibilità.

110. Dovrebbe infatti formare gli ascoltatori con maggior diligenza? chi ha mai avuto il fascino così grande? potresti addirittura credere che le ammissioni che estorce egli ne ottenga semplicemente, e che, quando trascina il giudice e gli fa cambiare opinione con la forza della sua eloquenza, si ha l'impressione che il giudice non venga rapito ma che lo segua docilmente.

111. C'è poi in tutte le parole che dice una tale autorità che si prova vergogna a dissentire da lui; non porta nei processi la borsetta dell'avvocato, ma l'attendibilità di un testimone o di un giudice; tutti questi pregi che, a stento,uno per uno, si potrebbero raggiungere dopo uno studio intensissimo, scorrono in lui senza fatica; il suo famoso stile, il più bello che si sia mai ascoltato, ma sono felicissima spontaneità.

112. Per questo motivo non è stato senza ragione a definirlo, da parte dei suoi contemporanei, dei tribunali; presso i posteri, poi, è riuscito a fare in modo che cicerone non fosse più il nome di un uomo, ma il nome stesso dell'eloquenza.a lui dobbiamo dunque guardare: questo è l'esempio che deve starci sempre davanti agli occhi, e chi apprezzerà molto cicerone sappia di aver già fatto un passo avanti

113. Ragguardevole è l'inuentio di Asinio Pollione, talmente eccezionale la sua diligenza al punto da sembrare eccessiva da alcuni, sufficienti la sua saggezza e la sua vivacità: e così lontano dalla lucentezza e dal fascino di cicerone da poter sembrare un autore del secolo precedente. Messalla, invece, è nitido e chiaro, e che fa in un certo senso vedere nel suo modo di parlare le proprie nobili origini, non ha tuttavia sufficiente vigore.

114. Se poi Caio Giulio Cesare si fosse dedicato soltanto alla professione di avvocato, sarebbe stato il solo dei nostri a poter rivaleggiare con il prestigio di cicerone: c'è in lui una tale forza,1 tale ha come,1 tale concitazione l'impressione che egli abbia parlato con lo stesso animo che aveva quando combatteva; ma tutte queste qualità le abbellisce una meravigliosa eleganze stilistiche, alla quale egli rivolgeva particolari attenzioni.

115. In Celio c'era molto talento e, soprattutto quando era l'avvocato dell'accusa,1 grande spirito: fu un uomo che si sarebbe meritato una testa migliore e una vita più lunga. Ho trovato alcuni che preferivano Calvo a tutti gli altri; ho trovato chi la pensava come cicerone e sosteneva che Calvo avesse annacquato il suo vero vigore per l'eccessiva severità nei propri confronti; ma la sua oratoria è solenne, grave, raffinata e, spesso, anche veemente. Calvo era un imitatore degli oratori attici: la morte prematura gli faccio un torto se pensiamo che egli avrebbe raggiunto, e non tolto, qualcosa i suoi pregi.

116. Anche Servio Sulpicio si conquistò una fama notevole che meritava per tre orazioni. Se il letto con attenzione, Cassio Severo fornirà molti spunti meritevoli di imitazione; se avesse aggiunto un tono appropriato è uno stile più composto alle sue altre virtù, si sarebbe meritato un posto tra i migliori.

117. In lui c'è infatti molto talento,1 sorprendente morda città, spirito, passione, ma ha dato più ascolto al suo forte temperamento che non alla ragione: e poi, come sono amare le battute, così spesso la sua stessa amarezza per ridere.

118. Di oratori esperti nel eloquenza ce ne sono molti altri, ma sarebbe lungo l'uscita di tutti uno per uno. Di quelli che ho conosciuto personalmente Domizio Afro e Giulio Africano sono di gran numero i migliori. Il primo è da preferire parlato della parola e sotto ogni aspetto dell'eloquenza, e non avessi paura di me urlò nel numero degli antichi oratori; il secondo è più impetuoso, ma a una cura spropositata nella scelta delle parole, tende a scrivere periodi eccessivamente lunghi e privo della misura nell'uso dei traslati.

119. Anche fino a poco fa c'erano alcuni talenti famosi. Anche Traclo era infatti il più delle volte sublime sufficientemente chiaro, e dava l'impressione di cercare sempre di ottenere la perfezione assoluta: tuttavia, per chi ha avuto la fortuna di sentirlo parlare, fu davvero grande, perché non ho mai conosciuto nessun altro oratore che avesse una voce così bella, e questo vale anche per la dizione, che sarebbe stata perfetta anche in teatro, e per la dignità, e, per farla breve, per tutte le altre qualità accessorie che egli ebbe in abbondanza. Anche Vibio Crispo liberato, piacevole, nato per piacere agli altri, anche se diede risultati migliori nelle case private piuttosto che in quelle pubbliche.

120. Sei Giulio Secondo fosse vissuto più a lungo, la sua fama di oratore sarebbe stata certamente chiarissima tra i posteri: aveva infatti aggiunto (e già lo fasciava) e i suoi pregi tutto è le qualità che gli mancavano, vale a dire l'essere molto più combattivo rivolge più spesso la propria attenzione dalla cura dello stile a quella dei fatti.

121. D'altronde, nonostante la morte prematura, rivendica per sé è un posto di primo piano, se si considerano la sua scorrevolezza, la notevole grazia nello spiegare quello che voleva, lo stile così limpido, chiaro e bello, la grande proprietà di linguaggio che valeva anche per le parole prese in senso figurato, l'evidenza che avevano alcuni termini arrischiati.

122. Coloro che scrivevano di oratoria dopo di noi avranno davvero molto materiale si ridurranno tessere le lodi degli oratori che hanno successo in questi anni: oggi ci sono infatti grandissimi talenti che danno lustro al foro. Anche gli avvocati migliori, infatti, cercano ormai di emulare gli oratori del passato allo zelo dei giovani che vogliono raggiungere il meglio si sforza di imitarli di seguirmi.

123. Tre sono gli autori che hanno scritto opere filosofiche: di questo genere la letteratura romana ha prodotto finora pochissimi esempi di eccellenza stilistica. Lo stesso Marco Tullio Cicerone, quindi, come tutti gli altri campi, anche in questo è stato un emulo di Platone. Bruto è riuscito invece a reggere il peso dell'argomento, ottenendo ottimi risultati e risultando molto migliore e nelle orazioni: si capisce che si sente davvero quello che dice.

124. Cornelio Celso, seguace dei Sesti, ha scritto non poche opere, non senza cura e chiarezza. Tra gli stoici, ha avuto è utile per la conoscenza della materia; tra gli epicurei, Cazio è un autore certamente leggero, ma non per questo sgradevole.

125. Ho rimandato di proposito l'analisi di Seneca in riferimento tutti i generi letterari a causa della calunnia diffusa sul mio conto - che è del tutto priva di fondamento - secondo la quale la gente crede che io lo condanni e lo abbia pure in antipatia.questo mi è successo quando l'ottavo per ricondurre a uno stile più severo l'oratoria, che era corrotta e rovinata da ogni tipo di difetto: ma in quel momento Seneca era quasi l'unico autore che si trovava fra le mani di giovani.

126. Per quanto mi riguarda, io non tentava affatto di toglierlo dalle mani, ma non tolleravo che lo prescrissero ad autori erano migliori di lui e che egli non aveva mai smesso di criticare violentemente: consapevole com'era della diversità del suo stile, aveva paura di non riuscire a piacere, per il suo modo di scrivere, a coloro i quali erano graditi agli altri autori. Ma i giovani lo amavano più di quanto limitassero, e quanto più egli si era allontanato dagli antichi tanto più essi si distaccavano da lui.

127. sarebbe stato infatti un desiderio apprezzabile essere pari o, almeno, vicinissimi a quell'uomo. Ma piaceva soltanto per i suoi difetti, e ciascuno cercava di imitare quelli che poteva: e poi vantandosi di parlare allo stesso modo, fingeva però a screditare lo stesso Seneca.

128. eppure egli ebbe molti pregi, e di grande qualità: un talento facile secondo, moltissimo studio,1 grande cultura - un campo dove però fu talvolta ingannato da coloro i quali affidava l'indagine su determinate argomenti. Si è anche occupato di quasi ogni settore della conoscenza:

129. si dice infatti che abbia scritto orazioni, poesie, lettere e dialoghi. Non fu molto scrupoloso nella filosofia, ma si rivelò un eccellente persecutore dei vizi. Le sue frasi sentenziose sono molte famose, e molte sono anche le opere che devono essere lette per la loro moralità; lo stile, però, è particolarmente corrotto, è molto più pericoloso proprio perché i difetti di cui abbonda sono attraenti.

130. Vorresti che avesse parlato con la sua testa, ma con i russi stilistici di un'altra persona: se avesse disprezzato qualcosa, se non avesse desiderato ciò che era disonesto, se non avesse amato tutte le sue inclinazioni, se non avesse spezzettato le frasi brevissime argomenti complessi, si sarebbe guadagnato il consenso degli eruditi, e non soltanto l'amore dei ragazzi.

131. Ma anche così deve essere letto da quelli che sono già adulti e si sono abbastanza consolidati con uno stile sufficientemente severo: in questo modo per stimolare lo spirito critico in un senso e nell'altro. Molti sono infatti, come ho già detto, i particolari che meritano l'approvazione, e ce ne sono molti che meritano anche ammirazione, purché si abbia cura nello scegliere. Certo, sarebbe stato meglio se fosse stato lui a farlo: per sua natura meritava infatti di volere il meglio - è quello che lui ha avuto, lo ha ottenuto.
 
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